La mia esperienza in Transilvania con Erasmus+: un viaggio di scoperta e inclusione
La mia esperienza in Transilvania con Erasmus+: un viaggio di scoperta e inclusione
di Domenico Graziano, operatore di Servizio Civile Universale
Tra il 31 marzo e il 10 aprile 2025 ho avuto l’opportunità di partecipare a uno seminario internazionale dedicato all’inclusione dei Rom e alla mobilità sociale. all’interno del programma Erasmus+ a Cristuru Secuiesc, in Transilvania, grazie al CSV Insubria.
È stata un’esperienza che mi ha aperto gli occhi su nuove culture, modi di vivere, lingue e storie che mai avrei immaginato di incontrare così da vicino. Il progetto non si conclude con il seminario. A seguire, si terrà un programma di scambio giovanile, durante il quale i giovani avranno l’opportunità di testare e perfezionare le attività sviluppate durante il seminario. Ciò offrirà una piattaforma pratica per acquisire esperienza diretta e approfondire l’apprendimento.
Cos’è uno scambio giovanile Erasmus+?
Gli scambi giovanili Erasmus+ sono progetti finanziati dall’Unione Europea che permettono a gruppi di giovani di diversi Paesi europei di incontrarsi e collaborare su temi di interesse comune. Attraverso attività informali – come laboratori creativi, giochi di gruppo, discussioni e visite culturali – si promuovono valori come la cittadinanza attiva, l’inclusione, la solidarietà e il dialogo interculturale.
Un territorio di lingue e identità
Cristuru è una cittadina immersa nel verde della Transilvania, in una zona dove convivono tre comunità etniche: rumeni, ungheresi e ROM. Anche le lingue riflettono questa ricchezza: qui si parlano il rumeno, l’ungherese (lingua maggioritaria nella zona) e la lingua romanì.
Nel nostro gruppo eravamo ragazzi e ragazze provenienti da Italia, Lituania, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania. Per me, che era al mio primo scambio culturale internazionale, è stato anche il primo vero utilizzo dell’inglese come lingua principale, sia per le comunicazioni formali che informali. All’inizio è stata una sfida, ma con il tempo si è trasformata in un’opportunità di crescita enorme.
Confronto, riflessione e realtà
Le prime attività sono state pensate per farci conoscere: piccoli “speed date” in cui parlavamo delle nostre passioni, interessi, sogni. Poi, piano piano, abbiamo affrontato temi più profondi, in particolare il modo in cui nei nostri Paesi viene percepita e trattata la comunità ROM.
Abbiamo scoperto che, nonostante le differenze geografiche, molti pregiudizi sono simili in tutta Europa. Ci siamo confrontati sulle politiche governative a supporto delle minoranze, e in particolare ho approfondito la situazione in Italia, dove ancora oggi manca una linea chiara e concreta. Le persone ROM spesso non riescono a ottenere una residenza, vivono in condizioni semi-sedentarie, e molti bambini non frequentano la scuola, anche a causa della distanza, dei pregiudizi e delle difficoltà legate alle vaccinazioni.
Durante le mie ricerche ho conosciuto la figura di Santino Spinelli, docente universitario, attivista e cantautore, che porta avanti da anni un importante lavoro di divulgazione sulla cultura romanì.
Emozioni forti e apprendimento autentico
Uno dei momenti più toccanti è stato la visita a un campo ROM, accompagnati dalla polizia e da un’assistente sociale. Le condizioni erano durissime: niente elettricità, niente acqua, baracche fatiscenti. È un’immagine che mi ha segnato e che mi ha fatto riflettere su cosa significhi davvero parlare di inclusione.
Abbiamo poi fatto moltissime attività di educazione non formale, alcune davvero potenti: giochi legati ai cinque sensi, esercizi sulla fiducia, simulazioni di esclusione per capire sulla nostra pelle cosa significa essere messi da parte. Alcune di queste attività verranno riproposte anche a giugno con i bambini ROM locali.
Cosa porto con me
Torno da questo scambio con nuove competenze, nuove amicizie, e una nuova consapevolezza. Ho imparato che le attività informali possono essere uno strumento potentissimo per sensibilizzare, educare e costruire ponti tra mondi diversi.
Comprendere il dolore dell’esclusione è il primo passo per non essere noi stessi esclusivi. E sento ancora più forte la responsabilità di contribuire, nel mio piccolo, a una società che valorizza le differenze e garantisce equità per tutti.