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Disinformazione: sei azioni da intraprendere per contrastarla

CSV Milano2021-03-03T15:15:50+01:00
Pubblicato il
16/02/2021
Di CSV Milano
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Il proliferare di false informazioni è una minaccia per la nostra società nel suo insieme. Mina le fondamenta della coesione sociale, viaggia alla velocità di Internet e si diffonde più velocemente della verità. Ma possiamo reagire. Sei azioni per difendere la verità e costruire una narrazione democratica

di Elisabetta Bianchetti

Il 6 gennaio abbiamo assistito con stupore e sgomento all’assalto del Campidoglio degli Stati Uniti. La sensazione generale è stata che fosse l’inevitabile effetto della disinformazione generale scaturita dal risultato elettorale che ha portato alla carica di Presidente il candidato democratico Joe Biden. In un articolo pubblicato sul sito BuzzFeed In 2020, disinformation broke the US, la giornalista Jane Lytvynenko ripercorre come siano state proprio le campagne di fake news a portare a questo risultato. In particolare le teorie del complotto proposte da Plandemic (un video pubblicato sul web, diventato subito virale, e l’omonimo libro, balzato subito in testa alla classifica di Amazon), in cui sono raccontate una serie di bufale sul coronavirus e su come si è diffuso in tutto il mondo. Questi flussi manipolatori di notizie hanno influenzato molti cittadini americani sulla fiducia nelle istituzioni e persino nella democrazia nel suo insieme. Ma non è una novità. Storicamente, nei momenti di maggiore incertezza, la disinformazione offre facili capri espiatori e fa appello a una mentalità primordiale del “noi contro loro”. Sull’onda di questa emergenza narrativa la rivista americana “The nonprofit quaterly” ha rivolto al mondo del non profit statunitense un appello all’azione per combattere le notizie false. «Oggi – afferma la rivista – siamo in un’era particolarmente evoluta (o devoluta) in cui siamo afflitti da un disordine delle comunicazioni globali che si propagano in tutto il mondo. Una forma di soft power dilatato dall’uso delle nuove tecnologie di comunicazione». Il fine? Secondo Joan Donovan, direttrice del Shorenstein Center di Harvard «promuovere informazioni intenzionalmente false per fini politici». Secondo la ricercatrice alcuni soggetti seminano informazioni false online manipolando algoritmi e facendo affidamento su persone inconsapevoli per diffonderle, creando fenomeni a cascata in cui le notizie false sono rafforzate. Il risultato è un insieme di impatti dannosi: dalla confusione generale al rifiuto dei vaccini alla radicalizzazione dei nazionalisti. La disinformazione che ora viaggia alla velocità di Internet si diffonde più velocemente della verità . In questo contesto, sta diventando più efficace nel generare caos e seminare dubbi nella realtà.

Anche l’Unione europea è in prima linea nel combattere la diffusione delle fake news, il programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 ha mobilitato risorse significative per affrontare il problema della veridicità delle informazioni nei social media e nei media tradizionali. L’Osservatorio sociale per l’analisi della disinformazione e dei social media (Soma) ha raccolto un numero significativo di analisi relative all'”infodemia” sul coronavirus. Le soluzioni proposte assumono la forma di vari tipi di progetti, tra cui: una piattaforma per la verifica dei contenuti; strumenti per la verifica dei fatti; una metodologia per la valutazione dell’impatto socioeconomico delle notizie false; strategie e azioni per aumentare l’alfabetizzazione mediatica, analizzare i blocchi legali e gli aspetti di autoregolamentazione a livello di comunità; un repertorio delle conoscenze in materia di disinformazione.

Un progetto interessante è la piattaforma Fandango, un aggregatore di notizie e big data integrati testato su tre temi: clima, immigrazione e contesto europeo. Scenari tipici in cui le fake news possono influenzare la percezione rispetto alle azioni sociali e dove le notizie possono essere verificate e convalidate da informazioni affidabili, basate sui fatti e dati.

The ComProp project è un altro progetto che indaga l’interazione di algoritmi, automazione e politica. Un lavoro di ricerca che analizza come i i social media bot sono utilizzati per manipolare l’opinione pubblica amplificando o reprimendo contenuti politici, incitamento all’odio e notizie spazzatura.

I social media bot sono programmi automatizzati utilizzati per interagire con i social media. Si comportano in modo parzialmente o completamente autonomo e sono spesso progettati per imitare gli utenti umani. Sebbene esistano bot benevoli dei social media, molti sono utilizzati in modo disonesto. Alcune stime suggeriscono che questi bot dannosi costituiscono una percentuale considerevole di tutti gli account sui social media (per saperne di più: https://www.cloudflare.com/learning/bots/what-is-a-social-media-bot/ – https://en.wikipedia.org/wiki/Social_bot).

Il ruolo del non profit: sei consigli su come attivarsi
L’appello lanciato dal sito di Non Profit Quaterly invita le organizzazioni ad una reazione per contrastare questo fenomeno. L’invito offre sei suggerimenti utili per combattere la le fake news, difendere la democrazia e costruire una narrazione per il cambiamento.

Primo. Formare le persone all’alfabetizzazione mediatica
Proprio come un virus, la disinformazione può diffondersi solo attraverso host sensibili. La nostra capacità di accedere, avere una comprensione critica e interagire con i media non è mai stata così importante come nella società odierna. Un alto livello di alfabetizzazione mediatica è un fattore chiave per consentire ai cittadini di prendere decisioni informate nell’era digitale. L’alfabetizzazione mediatica inoltre è un prerequisito per una democrazia vivace e moderna. Con la rivoluzione digitale in atto, i cittadini devono essere in grado di operare scelte in cui le opinioni possono essere espresse liberamente, i fatti distinti dalla finzione. Esistono una vasta gamma di strumenti a cui attingere. Partiamo da due siti in lingua inglese: Media Manipulation Casebook e Disinfo Defense Toolkit. Su questo argomento anche l’Unione europea è in prima linea nella battaglia per l’alfabetizzazione mediatica. All Digital Week (promossa dall’associazione paneuropea All digital) è una campagna annuale di inclusione e responsabilizzazione digitale che incoraggia attività a sostegno degli europei che non dispongono di competenze digitali sufficienti per partecipare pienamente alla società e beneficiare della trasformazione digitale:

  • Digital Toolkit https://alldigitalweek.eu/useful-tools/
  • ETwinning, invece, è la community europea degli insegnanti attivi in progetti collaborativi tra scuole che ha scelto di dedicare il 2021 all’approfondimento della Media Literacy and Disinformation. L’obiettivo è quello di coinvolgere scuole e docenti, ma anche famiglie, istituzioni, ambasciatori eTwinning e stakeholder, per sensibilizzare sul tema e far fronte alle problematiche ad esso collegate. Varie e numerose le attività previste, tra cui opportunità di sviluppo professionale, eventi e convegni online, campagne di comunicazione, produzione di pubblicazioni e articoli. È possibile registrarsi al gruppo eTwinning “Media Literacy and Disinformation”, che presenta una raccolta di interessanti materiali realizzati da tutta la community sul tema. Le pagine del Gruppo includono inoltre materiali, kit per progetti e guide didattiche, oltre a eventi online e forum.
  • Il progetto europeo Fake off! – Fostering Adolescents’ Knowledge and Empowerment in Outsmarting Fake Facts – (in italiano Promuovere la conoscenza e l’empowerment degli adolescenti nello smascherare i fatti falsi) di partenariato strategico Erasmus+ nel campo della gioventù, ha prodotto una serie di strumenti digitali, sviluppati secondo un concetto didattico innovativo, per promuovere l’alfabetizzazione mediatica a scuola, negli ambienti lavorativi e nei centri per i giovani o altri contesti legati al mondo giovanile.

Secondo. Ascolta la disinformazione nelle tue comunità
Spesso, i flussi di notizie false iniziano come mormorii all’interno delle nostre comunità. Le organizzazioni non profit possono dare un contributo importante nel contrastarle proprio perché radicate nella comunità in cui vivono. Un’attività di ascolto e di feedback ai circuiti di comunicazione. L’organizzazione ReFrame ha creato uno strumento Start (Strategic Threat Analysis and Response) per aiutare le associazioni a documentare questo processo. Sempre negli Stati Uniti, i volontari dell’organizzazione civica “Florida for all”, tramite la piattaforma Slack, registrano e rilanciano in chiave corretta tutte le informazioni scorrette  che ascoltano dalla comunità.

Terzo. Integra la ricerca narrativa in tempo reale
Poiché la disinformazione può passare da un livello di chiacchiera a un argomento di tendenza in poco tempo sui social, è fondamentale contrastare queste tendenze in tempo reale. A tale scopo le organizzazioni possono creare partnership con soggetti specializzati nello studio delle fake news per fornire alle persone conoscenze e strumenti utili ad arginare informazioni dannose, false e fuorvianti. Per esempio, enti come First Draft o ReFrame forniscono strumenti per leggere correttamente informazioni false e fuorvianti. L’approccio di questi soggetti combina l’intelligenza artificiale con l’intelligenza umana per monitorare il “tempo narrativo” e per tenere traccia delle conversazioni nel tempo. Raccolgono dati da diverse piattaforme (YouTube, Twitter, Facebookt, siti di notizie e così via) per delineare quali sono i “picchi disinformativi” delle conversazioni.

Quarto. Racconta storie che coinvolgono i sentimenti
Oltre al monitoraggio occorre anche aumentare il contenuto emotivo della nostra narrazione. Anche se non possiamo semplicemente combattere le notizie false con i contenuti, non importa quanto specifica possa essere la circoscrizione, possiamo assicurarci che il contenuto che creiamo abbia un impatto maggiore. La disinformazione viaggia più velocemente delle informazioni reali a causa del sensazionalismo che attiva le persone a condividere impulsi emotivi profondi come la paura e l’eccitazione. I flussi di fake news danno nuova urgenza emotiva a vecchie narrazioni e prosperano in vuoti di informazioni chiare, veritiere e ugualmente emotive. Pertanto, il nostro contenuto deve coinvolgere i sentimenti, non negativi come la paura, ma positivi come gioia, umorismo e orgoglio. Il non profit è una miniera di storie così, ricche di emozione autentica. Il segreto sta nel non aver paura di concentrarsi su personaggi e relazioni individuali che rappresentano la propria comunità. Come per esempio il video Gotv (acronimo di Get out the vote: campagne politica per aumentare la partecipazione degli elettori) del Movimento per le vite nere.

Qinto. Riempi i vuoti e pianifica in anticipo per prevenire
Sappiamo che una volta amplificata la disinformazione, è difficile cancellarne gli impatti; una volta che il genio è uscito dalla bottiglia, è difficile reinserirlo. Quindi, per quanto possibile, occorre evitare che i contenuti falsi si diffondano il prima possibile nella catena di amplificazione e l’azione di prevenzione è quella fornire informazioni accurate per contrastarla. Inoltre bisogna anche esaminare i vuoti di comunicazione e assicurarsi di riempirli con contenuti corretti, altrimenti diventeranno preda di speculatori di cattive notizie. Ma un’azione di questo tipo richiede una pianificazione. Per esempio, in Florida, ciò che ha prosperato in quei vuoti sono state le fake news sulle elezioni truccate che hanno scoraggiato i cittadini dall’andare a votare.

Sesto. Collaborare tra le organizzazioni
Le organizzazioni interessate a collaborare nella lotta alla disinformazione possono sviluppare partnership specifiche per condividere ricerche, collaborare nella comunicazione, creare strategie narrative e formare volontari. Sia che ci si concentri sull’arginare la diffusione delle fake news o su una comunicazione più ostile alla manipolazione dei fatti, ci vorrà una risposta dell’intero ecosistema per seminare nuova fiducia. Un esempio in questo senso è Media Democracy Fund, un catalizzatore di progetti per un web aperto, sicuro ed equo. Attraverso la collaborazione di soggetti diversi per creare soluzioni inclusive e responsabili per creare un ambiente in cui le tecnologie digitali e internet abbiano un impatto positivo a lungo termine sulla società.

La disinformazione incontrollata rappresenta una minaccia per la nostra società nel suo insieme. Mina le fondamenta della coesione sociale. Così come la risposta alla pandemia, non possiamo fare affidamento esclusivamente sugli sforzi di poche brave persone o di poche buone organizzazioni per respingere le notizie false. Né possiamo fare affidamento solo su una rete di organizzazioni, né sull’autoregolamentazione dei giganti dei social media. Tutti dobbiamo, nel nostro piccolo, reagire per frenarne la crescente influenza dei dis-narratori sfidando e ribaltando vecchie narrazioni che danno alla disinformazione un punto d’appoggio nell’immaginazione pubblica. Al loro posto, possiamo seminare nuove narrazioni che riflettono i valori di una vibrante democrazia inclusiva e coesa. In questi tempi di pandemia abbiamo bisogno di accedere alla verità più che mai. Ma in questo ambiente di informazioni inquinate, non è mai stato così difficile sapere di cosa fidarsi e non è mai stato così facile essere fuorviati. Difendendo la verità in un mondo polarizzato, possiamo creare più fiducia nella società e aiutare le comunità a prosperare.

Questo è il primo articolo di una serie dedicata al tema della disinformazione. Siamo partiti da lontano, dall’America, per l’attualità dei fatti che sono accaduti. Nelle prossime puntate dedicheremo spazio anche ad affondi locali.

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