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Scuola, lavoro e immigrazione. Più investimenti nel sociale. La nuova rotta anti declino

CSV Milano2019-04-16T00:00:00+02:00
Pubblicato il
16/04/2019
Di CSV Milano
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Istruzione e formazione di qualità; conciliazione tra famiglia e occupazione, pensioni flessibili: il sociologo Anton Hemerijck traccia la via per comunità a misura d’uomo

di Paolo Marelli

Rafforzare lo stato sociale. Per far convivere welfare e integra-zione economica. Per sviluppare modelli di solidarietà e cittadinanza attiva. Con l’obiettivo di riconciliare istituzioni e cittadini, ricreare fiducia nella classe politica, produrre benefici diffusi ed equamente distribuiti per giovani, disoccupati, famiglie, anziani e immigrati. È una missione difficile, ma necessaria. Solo così l’Unione europea riconquisterà la legittimità perduta.

Dietro le quinte di una campagna elettorale in rampa di lancio per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo, sono (da tempo) in corso le grandi manovre di un’élite politica e intellettuale (economisti, sociologi, giuristi in testa) per spingere l’Ue a farsi promotrice di politiche sovranazionali che tutelino le fasce più vulnerabili della popolazione. Così come a premere affinché l’Ue indichi la rotta ai 27 Stati membri per una riforma del welfare a livello nazionale e sovranazionale. Una duplice mossa, con un unico traguardo: dare più spazio al sociale. E, con esso, anche al Terzo settore. Perché l’Europa unita non può essere soltanto moneta unica, vincoli di bilancio, spread, finanza e Banca centrale. Se l’Europa unita rimarrà sotto la dittatura dell’economia, il pericolo in agguato è la collisione: tensioni, proteste, rivolte popolari nelle grandi e piccole città del Vecchio continente. Un esempio? I gilet gialli che stanno occupando, anche con la violenza, le piazze della Francia da settimane.

Capitale umano passaporto per lo sviluppo
Mentre sale la rabbia di coloro che chiedono risposte per non rima-nere prigionieri di una gabbia economica troppo rigida, a livello accademico e non solo si lavora per mettere a punto nuove strade per ripensare l’Europa ripensando il welfare.
Le idee messe in campo sono numerose. Il dibattito è arroventato e alimentato da proposte che, talvolta, non procedono in ordine. Anzi, a tratti, persino in direzione opposta. Eppure, in questa geografia frammentata di teorie e prospettive, sono in tanti a puntare sulla carta del volto sociale dell’Europa come passaporto verso la costruzione di welfare state in equilibrio tra progresso e giustizia sociale, tra crescita ed eguaglianza. Ma quale nuova architettura del welfare è compatibile con la trasformazione della vita lavorativa, la competitività internazionale, l’abbandono dei modelli tradizionali di famiglia, l’invecchia-mento della popolazione e l’austerità di bilancio?
Per Anton Hemerijck, sociologo olandese, direttore dell’Istituto universitario europeo di Firenze (il polo di studio e ricerca finanziato dall’Unione europea), una delle voci più autorevoli nel campo della riforma del welfare, la risposta cammina lungo tre direttrici:

  1. sviluppo continuo del capitale umano;
  2. promozione della relazione tra famiglia ed economia;
  3. protezione del lavoro.

«Abbiamo bisogno di un nuovo modello di welfare state che non agisca come salvagente in tempi di difficoltà economica, ma che sia in grado di investire sul capitale umano nell’arco dell’intera vita degli individui», è la tesi evidenziata dallo studioso, tra i più eminenti sostenitori della leva dell’investimento sociale come motore per far ripartire la locomotiva industriale del Continente e far rifiorire l’uguaglianza sociale. Per tradurre in pratica questo duplice obiettivo, ser-ve però una miscela ben congegnata di strategie economiche a breve termine e politiche sociali a lungo raggio. Spazio, dunque, a maggiori investimenti per i servizi di cura e assistenza alla prima infanzia. Più formazione continua e apprendimento permanente in tutte le fasi del-la carriera professionale.

Convinto supporto alle politiche in favore dell’occupazione femminile. E ancora, mercato del lavoro con “flexsecurity” per tutti (equilibrio tra flessibilità e sicurezza), reddito minimo garantito, pensionamento posticipato e flessibile. Così come integrazione degli immigrati attraverso la via della partecipazione.

Nella visione di Hemerijck, illustrata in “L’imperativo del developmental welfare”, «la strada per migliorare la protezione sociale negli anni a venire risiede soprattutto nello sviluppo radicale dei servizi, tra i quali vanno annoverati l’istruzione, la sanità, la cura e lo sviluppo dell’infanzia, l’assistenza agli anziani, la politica della casa, i trasporti e i servizi all’impiego».

E ancora: «Con molti altri esperti, consideriamo un obiettivo prioritario il raggiungimento di alti livelli di occupazione sia per gli uomini sia per le donne, combinando elementi di flessibilità e di sicurezza e facendo sì che gli uomini, e soprattutto le donne, possano conciliare il lavoro e la vita familiare, attraverso nuove forme di governance e un’efficace combinazione di sforzi e di risorse pubbliche, private e individuali. Una «nuova» architettura del welfare per il ventunesimo secolo può, adottando la prospettiva del corso di vita, identificare le interconnessioni tra rischi e bisogni sociali durante il corso di vita, ponendo così le basi per un’agenda politica di “investimento sociale” evolutivo».

Istruzione qualità, alfabeto della crescita
L’istruzione e le competenze giocheranno un ruolo sempre più centra-le nelle società e nelle economie dei Paesi Ue. Ecco perché l’investimento su infanzia e sviluppo del capitale umano rappresentano due strategie “imperative” nell’agenda dell’innova-zione sociale. «L’enfasi sullo sviluppo della prima infanzia – spiega Hemerijck – va oltre l’idea che l’assistenza ai bambini sia necessaria per consentire alla madre e al padre di conciliare il lavoro e la vita familiare». C’è anche un legame diretto con crescita e produttività: «Occorre un numero più alto di bambini istruiti per operare con successo in un’economia della conoscenza se si vuole consentire all’economia stessa di reggere il peso della generazione del baby boom che si appresta ad andare in pensione con forti necessità di assistenza». Eppure, la via da percorrere per conquistare alti livelli di istruzione sembra ancora lunga. Ad attestarlo è il documento sulla dimensione sociale dell’Europa, pubblicato dalla Commissione europea nell’aprile 2017. «È preoccupante – osserva – che circa un quarto della popolazione adulta europea abbia difficoltà a leggere e scrivere o possieda scarse competenze matematiche e che quasi il doppio sia privo di competenze digitali sufficienti. Inoltre, e questo è ancora più grave, la situazione dei giovani è in costante peggioramento per quanto riguarda le competenze di base».

La sfida, però, è stata già raccolta: l’agenda Europa 2020 pone la riduzione del numero di quanti abbandonano precocemente la scuola come uno degli obiettivi da raggiungere.

«Se i paesi dell’Ue vogliono essere competitivi nella nuova società basata sulla conoscenza, c’è la necessità urgente di investire in capitale umano per l’intero corso di vita delle persone».

Perché, sottolinea Hemerijck, «alla luce dell’incombente squilibrio demografico, non possiamo permetterci forti deficit di qualificazione professionale e alti tassi di abbandono scolastico». Ma contro questa piaga, aggiunge il sociologo olandese, laddove è stato varato un au-mento negli investimenti sull’istruzione (come in Irlanda e in Finlandia), è stato possibile prevenire l’uscita precoce dal sistema scolastico e facilitare la transizione dalla scuola al lavoro.

Lavoro e pensioni, il segreto è la flessibilità
La vita lavorativa sta subendo radicali trasformazioni dovute agli effetti combinati del progresso tecnologico, della globalizzazione e della crescita del settore dei servizi. In questo scenario, la flessibilità assume un ruolo determinante, come dimostrano le proiezioni contenute sempre nel documento sulla dimensione sociale dell’Europa. «Entro il 2025 – si fa notare – i modelli lavorativi e le carriere saranno ancora più vari rispetto ad oggi. Nell’arco di una generazione o due, il lavoratore europeo medio potrebbe passare da un posto di lavoro a vita a dieci impieghi diversi nel corso della carriera». Anche il sistema pensionistico dovrà essere messo sotto la lente d’ingrandimento. L’aumento della speranza di vita, insieme alla diminuzione del tasso di fertilità, sta determinando un netto invecchiamento della società europea. Entro il 2050 gli europei di almeno 65 anni passeranno da meno di un quinto a quasi un terzo della popolazione. Tutto questo inciderà sulla sostenibilità finanziaria dei sistemi di previdenza sociale e quindi sul bilancio dei Paesi membri.

Secondo alcune stime, per l’Ue a 27 la spesa associata relativa alle pensioni potrebbe salire al 12,4% del Pil entro il 2030, mentre i costi dell’assistenza sanitaria potrebbero raggiungere il 7,7% del Pil e quel-li dell’assistenza a lungo termine potrebbero arrivare fino al 2,4%. Nel 2060 per ogni persona anziana ci saranno solo due persone in età lavorativa, mentre nel 2008 ce n’erano quattro. Stime che conferma-no una traiettoria su cui si sta già camminando: secondo il rapporto annuale Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, nel 2016, la spesa per la protezione sociale è stata la porzione più consistente delle uscite statali dei Paesi Ue, pari al 19,1% del Pil.

Ecco perché, secondo il direttore dell’Istituto europeo di Firenze, «posticipare il pensionamento è una misura tanto equa quanto efficace. È efficace perché agisce simultaneamente sul nominatore e sul denominatore: più reddito in entrata e, allo stesso tempo, meno spese. È anche una misura equa sul piano intergenerazionale perché pensionati e lavoratori fanno sacrifici in uguale misura. In tutti i gruppi di età stiamo diventando più sani e più istruiti. Il pensionamento flessibile e l’introduzione di incentivi per posticipare il pensionamento potranno alleviare notevolmente l’onere delle pensioni».

Migranti, l’integrazione passa dalla partecipazione
Nell’orizzonte dei welfare state del XXI secolo un ruolo fondamentale sarà giocato dalla capacità degli Stati membri di integrare i migranti. Secondo cifre ufficiali europee, nel gennaio 2016 erano 29,7 milioni le persone nate al di fuori dell’Ue soggiornanti legalmente nei suoi confini. «Più che in passato – afferma Hemerijck – dovrebbe essere data priorità ai problemi della partecipazione e dell’integrazione de-gli immigrati e dei cittadini non-Ue, i cui tassi di disoccupazione sono mediamente doppi rispetto a quelli dei cittadini di nazionalità europea».

Priorità, dunque, a una Ue più sociale, dopo anni in cui quest’ultima componete è stata relegata al ruolo di “ancella” dell’Europa dei mercati. Cambiamenti demografici, nuove strutture familiari, urbanizzazione e una maggiore varietà di formule lavorative sono alcune del-le grandi sfide di cui i sistemi di protezione sociale degli Stati Ue dovranno tenere conto.

Uno sguardo su cui le stesse istituzioni europee convergono: «Nonostante le numerose riforme in corso, i sistemi di previdenza sociale esistenti non sempre sono in grado di adeguarsi a queste sfide nuove e in gran parte senza precedenti. Non è solo una questione di sostenibilità finanziaria. Bisogna fornire le reti di sicurezza giuste e nuove forme di protezione affinché le persone possano vivere sfruttando le loro capacità e affinché la società possa funzionare», è la riflessione della Commissione Ue.
Una prospettiva su cui anche il Terzo settore deve interrogarsi allo scopo di far sentire la propria voce per rafforzare il welfare.

GRANDANGOLO

Anton Hemerijck
L’imperativo del developmental welfare per l’Europa
in La Rivista delle Politiche Sociali, n. 1, 2008, Ediesse

Anton Hemerijck
The uses of social investment
Oxford University Press, 2017

Gabriel Amitsis, Jos Berghman, Anton Hemerijck
Connecting Welfare Diversity Within the European Social Model
Intersentia, 2004

Maurizio Ferrera, Anton Hemerijck, Martin Rhodes
The Future of Social Europe: Recasting Work and Welfare in the New Economy
Celta, 2000

David Rinaldi
A new start for social Europe
Jacques Delors Institute, 2017
Vai al link>>

Camino Mortera-Martinez
Why Schengen matters and how to keep it. A five point plan
Center for European Reform, 2016
Vai al link>>

(da Vdossier numero 3 anno 2018)

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