La transizione dal basso, dalla foresta alle città
In vista della COP30 in Brasile, il mondo del volontariato mostra che la sostenibilità non è solo un obiettivo globale, ma un impegno quotidiano. In Italia, le associazioni sono il ponte tra la “maggioranza silenziosa” e le scelte pubbliche.
di Elisabetta Bianchetti, da VDossier
A Belém, sul fiume Tocantins, tra il verde lussureggiante dell’Amazzonia e l’umidità che impregna le strade, si preparano i corridoi diplomatici e i tavoli negoziali della COP30. È un palco dove governi e delegazioni discutono di riduzione delle emissioni, finanza climatica, diritti dei popoli indigeni. Ma pochi passi più in là c’è un’altra scena — più discreta, meno sfarzosa — fatta di persone che curano orti urbani, puliscono spiagge, piantano alberi, educano bambini alla sostenibilità. È lì che prende forma la domanda più grande: come trasformare l’urgenza climatica in pratiche concrete?
In Italia, il volontariato ambientale è quel laboratorio silenzioso dove la sostenibilità si sperimenta ogni giorno. È il luogo dove le strategie globali incontrano la vita reale dei territori: un filo che lega la COP30 di Belém a una domenica mattina in un parco di provincia.
COP30: la “COP delle soluzioni dal basso”
Dal 10 al 21 novembre 2025, Belém ospiterà la 30ª Conferenza ONU sul clima. Per la prima volta nella storia, la Conferenza si svolgerà nel cuore dell’Amazzonia, simbolo insieme della crisi e della speranza ambientale. Il governo brasiliano ha annunciato di voler fare della COP30 una “COP dei popoli” — aperta a comunità locali, ONG, movimenti sociali e reti di volontari. Tra i temi centrali: finanza climatica, giustizia ambientale, biodiversità e coinvolgimento della società civile. «Dobbiamo spostare l’attenzione dai piani alla pratica – ha dichiarato il presidente del Brasile, Lula da Silva -. Il cambiamento climatico non si affronta solo con i numeri, ma con la partecipazione delle persone».
Una prospettiva che parla direttamente al mondo del volontariato, abituato a tradurre i principi in azioni quotidiane.
The 89 Percent Project: la forza silenziosa del cambiamento
Lanciato da Covering Climate Now, The 89 Percent Project nasce da un dato: quasi nove persone su dieci nel mondo vogliono più azione per il clima, ma questa volontà resta spesso invisibile nei dibattiti pubblici. L’obiettivo del progetto è dare voce a quella maggioranza silenziosa, raccontando le storie di chi agisce concretamente per la sostenibilità.
In questa chiave, il volontariato rappresenta la forma più organizzata di quella volontà diffusa: una rete globale di cittadini che non protestano soltanto, ma costruiscono. Le loro azioni — piccole e quotidiane — sono la prova che la transizione ecologica non è un’utopia, ma una realtà in corso.
Il volontariato come motore della sostenibilità
Dal recupero dei rifiuti alla riforestazione urbana, dalle iniziative di educazione ambientale alle reti di economia circolare, il volontariato italiano è una forza civile e operativa.
Custodia e rigenerazione ambientale
Ogni anno, migliaia di volontari partecipano a campagne come “Puliamo il mondo” o “Spiagge e fondali puliti” di Legambiente.
Nel 2024, oltre 250.000 volontari hanno raccolto più di 400 tonnellate di rifiuti, mentre iniziative di forestazione urbana hanno portato alla messa a dimora di oltre 100.000 alberi in 70 città italiane.
Economia circolare e inclusione
Sempre più associazioni intrecciano ecologia e coesione sociale: laboratori di riparazione, mercati del riuso, orti solidali, comunità energetiche locali. Il volontariato ambientale diventa così anche volontariato sociale, capace di creare legami e opportunità nei quartieri.
Educazione e cittadinanza climatica
Secondo l’ISTAT, 4,7 milioni di italiani hanno svolto attività di volontariato nel 2023 (9,1% della popolazione). Di questi, circa un terzo è impegnato in iniziative legate alla sostenibilità, alla tutela del territorio o all’educazione ambientale. La scuola, in particolare, è diventata un crocevia fondamentale: laboratori, campagne, attività di “citizen science” che insegnano ai giovani a leggere il clima come parte della cittadinanza.
Le sfide aperte
Nonostante la vitalità del settore, permangono nodi strutturali: mancano risorse stabili, riconoscimento formale del ruolo civico, strumenti di coprogettazione a lungo termine. La sostenibilità, per le associazioni, significa anche sostenibilità organizzativa: persone, competenze e tempo. La transizione ecologica non si fa da soli — serve una rete che unisca cittadini, imprese e istituzioni in un nuovo patto di corresponsabilità.
Le connessioni con l’orizzonte strategico e l’Italia
Nel Rapporto ASviS 2025, Pierluigi Stefanini richiama la necessità di “una mobilitazione collettiva per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, in cui il volontariato diventa leva per accelerare le politiche pubbliche e diffondere la cultura della cura. In questo scenario, le reti civiche e associative italiane sono già protagoniste: dai patti di collaborazione urbana alle comunità energetiche, dai gruppi di acquisto solidale ai laboratori territoriali di economia circolare. Il loro ruolo è strategico: rendere la sostenibilità accessibile e quotidiana.
Un’agenda pratica per le associazioni: come trasformare la COP30 in opportunità
La COP30 non è solo un summit per leader e ministri, ma un’occasione per ripensare il modo in cui la società civile può partecipare alla transizione ecologica. Se la conferenza di Belém promette di essere la “COP delle soluzioni dal basso”, allora il volontariato — con la sua capacità di leggere i bisogni, mobilitare comunità e sperimentare nuove pratiche — è già nel cuore di questa visione.
Le associazioni possono trasformare l’attenzione globale sul clima in un percorso operativo e condiviso, capace di lasciare un’eredità concreta sui territori. Una sorta di “agenda civile del clima”.
Quattro azioni pratiche per cominciare:
- Raccogliere e sistematizzare le buone pratiche. Creare archivi territoriali o banche dati delle esperienze di riforestazione, monitoraggio, educazione ambientale e rigenerazione urbana.
- Formare alle competenze tecniche e di project management. In partnership con università e centri di ricerca, per consolidare la dimensione professionale dell’impegno volontario.
- Sviluppare partenariati pubblico-privato-sociale. Attivare modelli locali di “contratti di rete” per la cura del territorio, con risorse e tempi pluriennali.
- Rafforzare la comunicazione e la rappresentanza civile. Usare il dato dell’“89%” come leva pubblica per chiedere misure strutturali, dando voce alla maggioranza che chiede azione.
La COP30 potrà decidere strategie e impegni internazionali, ma la vera transizione ecologica — quella che tiene insieme ambiente, comunità e cittadinanza — sta già accadendo, silenziosa e tenace, tra parchi, spiagge e scuole italiane. Il volontariato è il volto concreto di quella “maggioranza dell’89%” che non si limita a chiedere, ma agisce. Ogni albero piantato, ogni spiaggia pulita, ogni laboratorio nelle scuole è un mattone di sostenibilità. E se davvero la COP30 sarà la conferenza delle soluzioni dal basso, dovrà ascoltare queste storie. Perché la sostenibilità si decide nei vertici, ma si costruisce nei territori, un gesto alla volta.
Scopri le esperienze dell’Italia che mette radici nell’articolo Il Paese che mette radici. Storie di sostenibilità che nascono, e crescono, dal basso
Questi due articoli fanno parte di The 89 Percent Project un’iniziativa di collaborazione giornalistica globale promossa da Covering Climate Now.
Sul portale VDossier l’approfondimento continua con il nuovo Rapporto ASviS 2025 e i rallentamenti dell’Italia nella direzione dello sviluppo sostenibile. Ma dal basso si continua a desiderare, coltivare e costruire un mondo ambientalmente e socialmente più giusto. Scopri le storie di Vdossier.
