Sguardi altrove: modelli di scuole aperte nel mondo
Uno sguardo oltre i confini svela che il modello Scuole aperte non è una prerogativa italiana. In Belgio e Francia si pedonalizzano le strade attorno agli istituti, si crea verde urbano, si trasformano spazi pubblici per favorire sicurezza e comunità. A Bogotà si aggiunge partecipazione attiva, commercio locale e laboratori. Negli Usa le “community schools” integrano risorse scolastiche, sociali ed educative, rispondendo ai bisogni della comunità. Un filo comune: scuola come spazio vivo, connesso al territorio.
di Thomas Pettinato
Pensare che il modello delle “Scuole Aperte” sia un’iniziativa esclusivamente italiana sarebbe un errore. In realtà, simili progetti sono diffusi non solo in diverse città italiane, ma anche in Europa e nel resto del mondo. In questo articolo, esploreremo alcuni esempi europei, come quelli francesi e belgi, per poi spostarci verso modelli più lontani, come quelli statunitensi e colombiani. Sebbene ogni contesto presenti approcci diversi, esiste un filo conduttore che li unisce e da cui possiamo trarre spunti interessanti.
In Belgio, è nata l’idea delle rues scolaires o “strade scolastiche”, che prevedono la chiusura al traffico in determinati orari per garantire ai bambini sicurezza e libertà di movimento. In Francia, questa intuizione si è evoluta in un progetto strutturale: le rues aux écoles (vie alle scuole), che trasformano gli spazi urbani attorno alle scuole con interventi permanenti. Gradualmente, le strade vengono chiuse al traffico in alcune ore, per poi essere ripensate con l’aggiunta di verde pubblico e arredi urbani, come panchine o fontane. Questi spazi diventano così luoghi pedonali di incontro, dove i veicoli dei residenti possono ancora circolare, ma i pedoni hanno la priorità. L’aumento del verde urbano non solo migliora l’aspetto estetico, ma crea isole di mitigazione climatica che migliorano la qualità della vita durante l’estate. A queste trasformazioni si aggiungono politiche di bike to school, che riducono il traffico privato, l’inquinamento acustico e aumentano la sicurezza, favorendo anche un uso più ampio degli spazi pubblici da parte dei cittadini. Un modello che ha trovato applicazione anche a Londra e Barcellona, dove la scuola diventa il punto di partenza per ripensare l’utilizzo dello spazio pubblico.

Un aspetto importante di queste iniziative riguarda lo spazio pubblico come bene comune, che ci invita a riflettere su come gli spazi urbani possano essere utilizzati per scopi educativi. Il ridisegno degli spazi attorno alla scuola non offre solo maggiori opportunità per il gioco o lo sport, ma apre la possibilità di imparare all’esterno, ad esempio, coltivando un orto urbano o esplorando la città come parte del percorso formativo. Quando le strade intorno alle scuole vengono ripensate, anche le abitudini cambiano: cresce la mobilità sostenibile, diminuisce l’inquinamento e migliora la qualità della vita della comunità. La scuola si integra così con l’ambiente circostante, estendendo l’esperienza educativa oltre le mura delle aule.
Un esempio interessante arriva da Bogotà, in Colombia, dove si ritrovano molti degli stessi elementi: pedonalizzazione, aumento del verde e promozione della mobilità dolce. Tuttavia, a Bogotà, c’è un ulteriore focus sul coinvolgimento commerciale e partecipativo. Qui, il settore privato entra in gioco per rinforzare il commercio di vicinato, mentre il pubblico è coinvolto in modo attivo attraverso laboratori, indagini e workshop organizzati insieme al Comune. I “barrios vitales” (quartieri vitali) sono un esempio di come la riprogettazione degli spazi urbani possa rispondere al problema del traffico cittadino, creando una città di 15 minuti, in cui ogni quartiere ha accesso a servizi e spazi pubblici vicini.
Negli Stati Uniti, le community schools mettono insieme insegnanti, famiglie e comunità per rispondere ai bisogni degli studenti, sia accademici che non. L’esempio delle Chicago Public Schools evidenzia come la scuola possa trasformarsi in un punto di incontro che va oltre gli orari di lezione, diventando un luogo dove si studia, ma anche dove si offrono supporti e servizi alle famiglie. Questo approccio comunitario aiuta a ridurre le disuguaglianze sociali e a migliorare i risultati educativi, grazie al coinvolgimento attivo di diverse realtà territoriali. Anche a New York, un approccio simile ha visto l’integrazione delle organizzazioni non-profit locali nei percorsi educativi, con un impatto positivo sui rendimenti scolastici. Questi progetti sono frutto di una vera co-progettazione comunitaria, in cui scuole, famiglie e organizzazioni lavorano insieme per rispondere ai bisogni sociali ed educativi.
In sintesi, parliamo di scuole che non vivono solo al suono della campanella. Questi esempi di scuole aperte vanno oltre la tradizionale concezione di “istituto” e propongono una nuova visione dell’educazione, dove gli spazi urbani e la comunità diventano parte integrante del processo formativo. Se in Europa e in Colombia il focus è principalmente sull’intervento urbano, negli Stati Uniti l’accento è posto sul coinvolgimento della comunità e sulla risposta ai bisogni sociali. In ogni caso, la prossimità e la qualità della vita restano al centro, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza scolastica e creare luoghi che uniscano, accorcino le distanze e favoriscano la fiducia nella scuola, nelle persone e nella città.

